mercoledì 29 giugno 2016

Miracolo d'Amore.

Chi mi segue sa che ogni tanto mi piace farvi conoscere, anche senza segnalare il nome, qualche persona che ammiro e stimo per come ha saputo valorizzare la propria vita, non lasciandosi abbattere dalle difficoltà che, una volta superate, si trasformano in esperienze positive per sé e per gli altri.
Due settimane fa stavo pensando a quale persona di mia conoscenza avrei potuto proporre e, si potrebbe dire casualmente, ma non è così, ne ho incontrata una che conosco da tanti anni e, per come ha trasformato la sua vita, elaborando un tragico avvenimento in un  grandissimo dono d'amore che ha già dato tanti frutti che potranno moltiplicarsi in modo incredibile nel futuro, SONO ORGOGLIOSA DI PRESENTARVI: SEVERINO PALLAMIN.
Io lo conoscevo  come componente del complesso musicale che animava in modo eccellente, con canti sempre nuovi, le messe a Bibione.
Ci siamo conosciuti durante un pellegrinaggio in Terra Santa organizzato dalla parrocchia.
Nulla faceva presagire la tragedia che si sarebbe abbattuta  poco dopo nella sua famiglia. Nel 1992 Milena, la giovane figlia, brillantemente laureata da qualche mese, mentre stava attraversando la strada sulle strisce pedonali è stata travolta e uccisa!!!
Nessuno dovrebbe subire una prova così forte ed è impossibile descriverla a chi  non l'ha provata. Durante il funerale Katia e Candido del complesso di Bibione, con l'accompagnamento dell'organo parrocchiale di Cesarolo, residenza della famiglia, gli hanno dedicato il canto di speranza ASCENSIONE che avevano inciso in un cd.
Altre volte lui l'aveva cantata nei funerali e mai avrebbe pensato che sarebbe stata cantata anche per lui
Una tragedia così grande sconvolge e rivoluziona la vita di una famiglia e Severino abbandonò le sue attività, compresa un'avviata impresa edile.
Il decorso della giustizia ha i suoi tempi e solo nel 1998  ricevette come compensazione della perdita subita, una somma in denaro, che la famiglia pensò di dedicarla esclusivamente perché la vita di Milena, anche se spezzata prematuramente, continuasse nel ricordo e nell'aiuto di chi poteva riceverne beneficio.
Nel 2000 Severino visitò il Senegal ed individuo' una zona in cui avrebbe potuto operare. Pensò di costruire una chiesa ed un pozzo con il quale dissetare ed alleviare le necessità di una popolazione sprovvista di tutto.
Ma l'iniziale progetto non si concludeva con quelle realizzazioni... e via via  vivendo a lungo nel luogo  i bisogni  della popolazione erano sempre più evidenti e suggerivano altre soluzioni.
Dopo il lavoro stagionale a Bibione Severino trascorreva tanti mesi in Senegal e le attività si  espandendevano sempre più ed è in fase di elaborazione un progetto fenomenale che se riuscirà a portarlo a termine sarà di grande beneficio per tutto il Paese.
Mi piace così tanto questo Miracolo d'amore che vi farò conoscere più dettagliatamente e  periodicamente e che ha dato vita all: ASSOCIAZIONE PALLAMIN MILENA "ONLUS"


 

sabato 25 giugno 2016

Un Tesoro nel Tempo (2°parte)


Da " Brodo caldo per l'Anima "
"Mentre guidavo, la mente vagava, come avrei fatto a cavarmela senza Bob, mio marito, che era grande e forte, che mi stringeva fra le braccia confortanti quando piangevo, che aveva un senso dell'umorismo che faceva svanire la mia rabbia e un gusto per l'avventura che arricchiva la vita di entrambi?
Avevo le guance rigate di lacrime, ma continuavo a guidare. All'improvviso eccomi all'uscita 287. Maledizione! Avevo superato il Trading Post. Be', magari la prossima volta.
Con la stessa rapidità con cui avevo pensato di proseguire, decisi che sarei ritornata indietro! Sterzai bruscamente all'ultimo minuto e presi la rampa.
Raggiunta la strada principale, mi resi conto che mi trovavo sulla Turner, un'autostrada a pagamento, e che non ci sarebbero state uscite per chissà quanti chilometri. Cercai un punto libero tra le due corsie e attraversai, incurante del fatto che un membro della polizia di Stato potesse vedermi; tornai a dirigermi verso il Trading Post.
Come previsto, il negozio era simile a molti altri in cui Bob e io ci eravamo fermati nei nostri viaggi; un misto di oggetti tipici del sudovest e di souvenir.
Mentre vagavo tra le varie cianfrusaglie, giunsi a un letto di ferro battuto e legno, utilizzato per esporre coperte indiane, cactus spinosi e collane di peperoncino rossi e verdi.
Accanto al letto c'era un tavolino su cui erano posati vasi aztechi, delicati fiori del deserto e un coyote ululante con una sciarpa vivace intorno al collo.
Nascosto discretamente tra questi, c'era un piccolo telefono di legno, di quelli vecchi, con un ricevitore intagliato e il disco combinatore rotante; la cornetta era posata sulla forcella ed era collegata a un sottile  filo nero. Il mio primo pensiero fu: "Che strano, tutte le altre cose sono così tipicamente western, che il telefono appare fuori posto", Sollevando, alzai il ricevitore.
Dalla base del telefono si levò un tintinnio musicale e gli occhi mi si colmarono di lacrime che mi scesero lungo le guance. Mi sentii investita da un'ondata di calore mentre me ne stavo li in piedi a singhiozzare, tenendo stretto il telefono, immemore degli altri clienti che mi passavano intorno con cautela. Il motivo che stavo ascoltando era I Just Called to Say I Love You.
Facendomi strada verso la parte anteriore del negozio, per pagare il tesoro che avevo appena trovato, non nutrivo più alcun dubbio sulle mie capacità in, ce  l'avrei fatta.
Non ero sola; il mio Bob aveva appena telefonato per dire che mi amava.



mercoledì 22 giugno 2016

Un Tesoro nel Tempo

Da "Brodo caldo per l'Anima"

Coloro che amano oltre la vita terrena non possono essere separati. La morte non può uccidere ciò che non muore mai.
                            William Penn

"L'autostrada 40 si stendeva all'infinito davanti a me; stavo ritornando a casa dopo la prima riunione di famiglia senza Bob, era il giugno del 1995. Ero travolta dai ricordi dei nostri nove brevi anni di matrimonio.
Lavoravamo entrambi per la Social Security Amministration e tre anni prima avevamo accettato un trasferimento a Oklahoma City, di cui avevamo bisogno per qualsiasi futura promozione.
Nel febbraio del 1995 mi recai a Dallas, in Texas, per un corso d'aggiornamento di dieci settimane, necessario per un avanzamento di carriera. Il mio soggiorno in quella città fu interrotto prima del previsto dalla notizia che una bomba  aveva sventrato l'Alfred P. Murrah Building, a Oklahoma City.
Il mio Bob si trovava in quel edificio.
Quando ci incontrammo per la prima volta, lui stava registrando un nastro di canzoni d'amore  intitolato Vent'anni d'amore, raccolte qua e là da album e quarantacinque giri presi in prestito da amici, tra cui donne prive di legami e con i loro impegni. Gli dissi che poteva utilizzare la mia raccolta di dischi e gli chiesi di includere il mio preferito, I Just Called  to Say I Love You di Stevie Wonder.
Prima ancora che Bob avesse terminato il nastro, uscivamo  insieme già da varie settimane e un  sabato mi chiamò dicendo che aveva una sorpresa per me.
Quando salii in macchina e ci dirigemmo verso l'autostrada, lui estrasse una cassetta e l'infilo' nel mangianastri. Udii la mia voce, presa da un messaggio che una volta gli avevo lasciato nella segreteria "Ho chiamato soltanto per..." e la frase si dissolse lasciando il posto alla musica di Stevie Wonder: "Questa è apposta per te", disse.
Il ricordo mi fece venire le lacrime agli occhi. Mi stavo avvicinando alla linea di confine
dell ' Oklahoma e mi capitò di vedere la scritta "Oklahoma trading Post a 80 chilometri -
Uscita 287".Mi venne in mente che al ritorno dalle riunioni con la famiglia in Florida, Bob  e io ci ripromettevamo sempre di visitare quel negozio, ma non l'avevamo mai fatto. Avevamo già riempito il serbatoio un paio di uscite prima, eravamo stanchi, volevamo soltanto arrivare a casa "Questa volta", decisi, "voglio fermarmi"..."
Continua...

sabato 18 giugno 2016

Il Messaggio dell'Imperatore

Concludo oggi la particolare riflessione di Antonio Socci che ci pone degli interrogativi su come ci rapportiamo nella vita reale:

"Il messaggio dell'Imperatore"
"Tutti questi vuoti e smarrimenti riecheggiano sia sul nostro desiderio inconsulto di essere sempre "altrove" (per l'insoddisfazione della realtà e del presente), sia nell'ansia che ci stiamo perdendo qualcosa.
Ma soprattutto si riflettono nella solitudine che viviamo, anche quando siamo circondati da tanta gente, e che ci rende annoiati e ci fa immaginare di essere "cercati" a nostra insaputa da qualcuno o raggiunti da chissà quale notizia che  cambierebbe la nostra vita o - ci basterebbe - la nostra giornata o almeno il nostro amore del momento.
Basta affacciarsi sulla letteratura, che è la grande foresta delle anime, per trovare in altra epoca "senza connessione", quella stessa nostra ansia che ci fa controllare continuamente il telefonino.
Siamo come il personaggio del racconto di Kafka che sta alla finestra ad aspettare il favoloso  "messaggio dell' imperatore" destinato a lui, messaggio che è sempre in procinto di arrivare, sempre più vicino, ma inevitabilmente in ritardo per qualche oscura ragione.

                                                                     ATTESA
Madame Bovary non aveva cellulare - e chissà quanto ossessivamente l'avrebbe usato - Ma aveva già quel vuoto, viveva già quell'attesa che permetteva a Flaubert di rappresentarla così:
In fondo all'anima, tuttavia, essa attendeva un avvenimento. Come i marinai che si sentono perduti, essa volgeva di qua e di là degli sguardi disperati, cercando in lontananza qualche vela bianca tra le nebbie dell'orizzonte.
Non sapeva che cosa aspettasse, quale caso; né da qual vento questo sarebbe portato, né a qual riva condurrebbe  lei; se fosse scialuppa o bastimento grande, se carico d'angosce o pieno di felicità fino alle murate.  Ma ogni mattina, appena sveglia, incominciava a sperare che sarebbe venuto appunto quel giorno; e ascoltava tutti i rumori, si alzava di soprassalto, si stupiva che non capitasse nulla; poi, al tramonto, sempre più triste, desiderava di esser già al domani".

Sembra quasi di vederla controllare continuamente i messaggi e svegliarsi al mattino afferrando - come prima cosa - il cellulare.
Ma se quella solitudine, quell'attesa, quel "taedium vitae (noia della vita), quella nostalgia di Non si sa cosa, c'erano già, da secoli, anzi da millenni, dalla notte dei tempi, alla radice delle anime umane, come incolpare il telefonino?
Forse dovremmo conoscere meglio noi stessi. Riconoscerci feriti e mancanti. Bisognosi di un incontro che cambia la vita.

                        Aprire gli occhi
E dovremmo magari tener presente che il "messaggio dell' imperatore",
"l'avvenimento", "la vela bianca fra le nebbie dell'orizzonte", arriva più facilmente nella concreta realtà quotidiana che nel mondo virtuale della rete.
Forse sta già bussando alla porta delle nostre giornate e non ce ne accorgiamo.
Forse se - dal telefonino - alzassimo lo sguardo sui volti, sui tramonti, sulle cattedrali delle nostre città, sulle nostre campagne, sui nostri padri e i nostri figli, sugli incontri, sui nostri santi, i nostri eroi silenziosi e i nostri artisti, ci renderemmo conto che il messaggio è già arrivato e ce lo siamo persi, Ce lo stiamo perdendo.
È in tutto quello che - con un termine generico -  chiamiamo "bello". Come scriveva Jorge Luis Borges:
"La musica, gli stati di felicità, la mitologia, i volti scolpiti dal tempo, certi crepuscoli e certi luoghi, vogliono dirci qualcosa, o qualcosa dissero che non avremmo dovuto perdere, o stanno per dire qualcosa; quest'immagine di una rivelazione, che non si produce, è, forse, il fatto estetico"."












mercoledì 15 giugno 2016

Dipendenza o potenza?

Continuo la bella riflessione di Antonio Socci sulle nostre ansie e dipendenze, senza illustrazioni per un problema al PC che non so in quanto si risolverà:
                         " Dipendenza o Potenza? "
"Secondo alcune ricerche il 60 per cento degli italiani ammette di aver sviluppato una forma di dipendenza da internet (soprattutto attraverso il telefono cellulare).
C'è una dipendenza che, anche prima di diventare patologica, crea ansia e fa vivere male, cosicché sono spuntate subito strategie di cura e disintossicazione digitale.
Ma, senza andare nel patologico -c'è una dipendenza lieve che forse riguarda tutti, se è vero, come scriveva tempo fa il Daisy Mail, che la più diffusa fobia del mondo è la "nomofobia", cioè la paura di restare disconnessione dalla rete telefonica.
Nell' eterna disputa fra gli apocalittici e gli integrati gli scenari sono estremi e senza sfumature. I primi vedono ormai l' umanità schiava della tecnologia e dei padroni di essa, milioni di persone sottoposte  a tecnostress, ore e ore di lavoro perse, legami familiari in fumo (vedi il film "Perfetti sconosciuti") e peggio ancora.
Gli integrati invece esaltano le luminose possibilità offerte dalle nuove tecnologie, che effettivamente regalano enormi vantaggi.
In realtà hanno ragione entrambi. Ma non si può nè rassegnarsi supinamente alla dipendenza digitale, né prospettare un rifiuto luddista  delle nuove tecnologie, nella sua forma snob o in quella eremitica.
Caso mai - Se il problema è la dipendenza - bisognerebbe riflettere sul "perché" di tale fenomeno. Se infatti si è calcolato che un utente comune - come ciascuno di noi - controlla il cellulare almeno 150 volte al giorno, che è obiettivamente un uso compulsivo, ciò non dipende dal cellulare, ma da noi.
In parte è provocato da un istinto automatico, ma forse in gran parte pure da una mancanza indecifrabile. Da una insoddisfazione costante.
Può servire ogni tanto  "staccare la spina" e  disintossicarsi dai micidiali aggeggi elettronici per ritrovare se stessi, ma non si risolve così il problema, perché non sappiamo chi siamo noi e perché abbiamo bisogno di "connessione", cioè cosa inconsciamente attendiamo,

Non sappiamo - per dirla col poeta -  di cosa è mancanza quella mancanza.
Non sappiamo inoltrarsi in quell'abisso che è la nostra psiche, la nostra mente è - Se vogliamo -  la nostra anima.
Provare a farlo con lo psicanalista (che ha sostituito preti e confessori) non sembra così efficace: come "meccanici" della psiche egli può (forse) riparare alcuni guasti della "macchina", ma non può dirti da dove vieni, né chi sei, né dove vai, né perché, né con chi. Soprattutto non può dirti chi cerchi e cosa ti manca."

Non finisce qua la riflessione, intanto pensiamoci....
La prossima parte avrà un titolo allettevole: Il messaggio dell' imperatore...



sabato 11 giugno 2016

Attesa di cosa?

Antonio Socci è un giornalista e scrittore che conosco e ammiro da tanto tempo. Scrive in modo chiaro, semplice e documentato, non cavalcando le tendenze del momento, ma esprimendo e difendendo i valori cristiani in cui crede e che professa nella vita..
Un suo articolo di qualche giorno fa mi ha molto colpito e poiché riguarda gran parte di noi ne offro una parte alla vostra attenzione e riflessione:

"NON SAPEVA CHE COSA ASPETTAVA"
da Libero del 5 giugno 2016
"I trent'anni di internet in Italia che si festeggiano in questi giorni non sono soltanto un avvenimento tecnologico, ma anche neurologico.
È una specie di superamento che abbiamo a disposizione sempre e dovunque con il nostro telefonino. Ma non si tratta solo delle infinite cose che possiamo trovare, conoscere, vedere, scoprire in un istante, da qualunque luogo.
Con la rete ognuno si trova dotato di un corpo più esteso, di occhi, di orecchi, mani e piedi piu potenti. Siamo  costantemente connessi col mondo, in qualche modo possiamo essere contemporaneamente in molti luoghi diversi e farci sentire ai quattro angoli del pianeta. È un potere straordinario. Tuttavia è anche rischioso perché con la mente rischiamo di essere sempre altrove, sempre "fuori", così possiamo perdere o dimenticare la strada di casa, il nostro "io".
Infatti la grande chance è diventata subito anche un rischio patologico.
L'esperto fa la diagnosi: connessi con il mondo, ma sconnessi da noi stessi"
.
Se ci capita di dimenticare il telefonino a casa e ce ne accorgiamo, ci prende una certa ansia temendo di essere  privati di qualcosa di importante che ci poteva essere comunicato e al ritorno ci accorgiamo magari che nessuno ci ha chiamato.
Eppure l' uomo ha vissuto per parecchie migliaia di anni senza telefono ed il progresso ha continuato ad avanzare.. Mah, ci siamo procurati tanti vantaggi, ma anche tante schiavitù e ansie...




mercoledì 8 giugno 2016

Cosa cresce dentro di Te

Tratto da" Donne-Brodo caldo per l'anima"

"Quello che rende Sandy diversa è il suo modo di vedere le cose.
" Non possiedo granché di superfluo o del sogno americano", afferma con un sorriso genuino.
"E questo costituisce un problema?" le chiedo.
"A volte. Quando vedo un'altra bambina più o meno dell'età di mia figlia ben vestita, con molti giocattoli, o all'interno di una bella macchina o che vive in una bella casa, allora mi sento contrariata. Tutti noi vorremmo dare il meglio ai nostri figli", risponde
"Ma non è amareggiata?"
"Perché dovrei esserlo? Non stiamo morendo di fame e di freddo, e io ho quello che è più importante nella vita", ribatte.
"È cioè?"
"Per come la vedo io, indipendentemente da quanto si riesce a comprare, da quanti soldi si posseggono, si riesce a tenere tre cose nella vita."
"Che cosa significa tenere?"
"Significa che sono cose che nessuno può portarci via."
 "E quali sono queste tre cose?"
"Uno, le tue esperienze; due, i veri amici; e tre quello che cresce dentro di te", risponde senza esitazione.
Secondo Sandy le esperienze non sono necessariamente eventi eclatanti. Sono i cosiddetti momenti normali con la propria figlia, una passeggiata nei boschi, un pisolino all' ombra di un albero, ascoltare la musica, fare un bagno caldo o fare il pane.
La sua definizione di amicie è più  espansiva:"I veri amici sono coloro che non lasciano mai il tuo cuore, anche se per qualche tempo possono uscire dalla tua vita. Anche a distanza  di molti anni, il dialogo riprende esattamente dove era stato interrotto e, anche se dovessero morire, vivranno per sempre nel tuo cuore".
E in merito a ciò che cresce dentro di noi Sandy dice:
"Questo dipende da ognuno di noi, non è così? Io non permetto
all'amarezza e alla tristezza  di crescere. Potrei se volessi, ma preferisco di no".
"Che cosa cresce allora?"chiedo.
Sandy guarda la figlia con calore e poi me. Mi fissa negli occhi, occhi nei quali risplendono
tenerezza, gratitudine e gioia.
"Questo è ciò che cresce in  me."

lunedì 6 giugno 2016

Bibita estiva: la MojTina


Anni fa sentivo parlare di una bibita alcolica che non conoscevo, il mojito di origine cubana. L'ho trovato analcolico in lattina e mi è piaciuto tanto, per i miei gusti però era troppo dolce.
 Ho cercato perciò di imitarlo secondo i miei gusti ed il risultato è stato soddisfacente, tanto che per tutta l'estate ho bevuto solo quella. È piaciuta in particolare ad un nipote che l'ha "battezzata" MojTina.
Qualche giorno fa mi ha suggerito di proporla nel blog ed...ecco fatto, sperando che sia di gradimento a chi vorrà provarla...
                                   MojTina
Ingredienti: 1 bottiglia di acqua naturale o minerale 
                     succo di 1  limone non trattato o di un lime
                     succo di 1 arancia non trattata
                     alcune gocce di dolcificante o zucchero, a piacere
                     1 rametto di foglie fresche di menta.
Unire tutti gli ingredienti e conservare in frigorifero.
Si mantiene per un giorno.
Mi piacerebbe conoscere il parere di chi la prova...




venerdì 3 giugno 2016

Aspettarsi l'Inaspettabile


" Mi piacciono le persone che lasciano il segno.
Non cicatrici.
 Sono quelle persone che entrano in punta di piedi nella tua vita e la attraversano in silenzio

Parlano i gesti non la voce alta, gridano le emozioni non la rabbia.

Mi piacciono le persone che lasciano il segno,
 lì in quel piccolo posto chiamato cuore...
sono quelle che mai se ne andranno perché
quel posto se lo sono conquistato con le piccole attenzioni di ogni giorno"

             Stephen Littleword

mercoledì 1 giugno 2016

Saggezza popolare


Per alta che sia la montagna, un sentiero vi si trova (Afganistan)

Dove si palla cadono i trucioli (Germania)

I bambini sono la luna che splende (Tanzania)

La tenerezza di una madre verso i figli è discreta come la rugiada che bacia la terra (proverbio arabo)

È breve il giorno per colui che vuole lavorare (Perù)

Se ascoltò dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco (Cina)

I saggi parlano con parole semplici (Kenya)

Se non sai da dove vieni, non sai mai dove stai andando (Guyana)

Una piccola folla può affondare una grande imbarcazione (Vietnam)

Un anziano che muore è una biblioteca che brucia (India)

Un giovane da solo corre veloce, un anziano lentamente, ma insieme vanno lontano (Kenya))
La rana non s'ingozza mai dell'acqua dello stagno in cui vive (proverbio Sioux)

Chi non sa capire uno sguardo non potrà capire lunghe spiegazioni (proverbio arabo)

Erbe velenose crescono anche fra le erbe medicinali  (anonimo)

Ogni occhio ha il suo sguardo (Arabia)